Specie in tracce

L’aerosol è composto da numerosissime specie che, pur non incidendo singolarmente in modo significativo sulla composizione della massa del PM, possono avere una importanza rilevante, ad esempio, perché indicative della provenienza da specifiche sorgenti, o perché nocive per salute o ambiente. Queste specie in tracce si trovano spesso  in concentrazioni di pochi nanogrammi (cioè miliardesimi di grammo), o frazioni di essi, per metro cubo di aria campionata.

Specie inorganiche

Nel particolato atmosferico si possono trovare molti altri elementi in tracce (soprattutto metalli e metalloidi) sia ionici che privi di carica. La normativa vigente prevede che nel PM10 vengano monitorati quattro metalli: arsenico, nichel, cadmio e piombo. In ogni caso, è possibile quantificarne molti altri che possono fornire informazioni utili alla comprensione dell’origine e all’andamento del PM. Ad esempio l’alluminio e il silicio sono elementi caratteristici della componente terrigena e possono aiutare ad identificare fenomeni meteo-fisici, quali il trasporto di sabbie desertiche.

Specie organiche

Le sostanze organiche presenti nel particolato sono molte e altamente variegate, sia per quanto riguarda la loro origine che per le loro caratteristiche chimico-fisiche. Possono essere primariamente emesse da sorgenti antropiche (come gli idrocarburi dal traffico) o naturali (come i terpeni dalle piante), oppure possono formarsi in atmosfera partendo da sostanze organiche volatili (COV). Alcune possono derivare da processi differenti in atmosfera: gli alcani lineari con numero dispari di atomi di carbonio possono avere una origine antropica primaria (dai combustibili fossili) o biogenica secondaria (per degradazione di acidi grassi biogenici).  

Esiste anche un insieme di sostanze organiche che non è possibile risolvere nelle singole specie e che, per analogia con le sostanze umiche presenti nei terreni, vengono definite HULIS (Humic-Like Substances): possono derivare da sorgenti antropiche come la combustione di biomassa oppure, in seguito alla loro permanenza sul particolato, possono continuare a subire trasformazioni in seguito all’azione ossidante dell’atmosfera, fino a diventare molto diverse da come erano quando originariamente emesse.

Specie organiche –> IPA 

Gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA) sono sostanze prodotte da combustioni incomplete ed hanno un’origine sostanzialmente antropica. Hanno effetti nocivi per l’ambiente e per la salute e sono considerati probabili cancerogeni per l’uomo (tabella 2 della IARC), se non certi come il benzo(a)pirene (tabella 1 della IARC). 

La legge (D.Lgs. 155/10) prevede la misura nell’aerosol per almeno sette di essi [benzo(a)antracene, benzo(b)fluorantene, benzo(j)fluorantene, benzo(k)fluorantene, indeno(1,2,3-cd)pirene, dibenzo(a,h)antracene, benzo(a)pirene] ponendo un valore limite medio annuo per il benzo(a)pirene di 1 ng/m3.

Oltre agli IPA, esistono molte altre specie che possono essere identificate nel particolato con le opportune tecniche di indagine come gli alcani, gli acidi carbossilici, le ammine, gli opani. Queste specie, a causa della natura reattiva dell’atmosfera, possono subire ulteriori trasformazioni una volta condensati sul particolato rendendo maggiormente difficile la loro identificazione.

Specie organiche –> Levoglucosano

Tra le diverse specie organiche in tracce, il levoglucosano è presente spesso a concentrazione relativamente elevata (anche superiore ad 1 µg/m3 d’inverno). Questa sostanza spesso viene analizzata nell’aerosol, anche se non è previsto dalla norma vigente, perché è un tracciante specifico (marker) di una determinante sorgente, la combustione di biomassa. Il levoglucosano è un anidro-zucchero, cioè uno zucchero che ha perso una molecola d’acqua e deriva dalla combustione incompleta della cellulosa presente nelle piante. 

La combustione di biomassa produce inquinanti diversi, sia sotto forma di gas che di particolato, il levoglucosano è però solo un componente minoritario emesso da questo processo: il suo peso in massa non è dunque di per sé sufficiente a permettere di quantificare il contributo al PM di questa sorgente emissiva, ma può permettere di riconoscerne l’andamento nel tempo e nello spazio.