Componenti del PM

Uno dei compiti fondamentali delle agenzie ambientali e degli enti di ricerca è quello di approfondire la conoscenza del comportamento degli inquinanti atmosferici, dei loro impatti sull’ambiente e sulla salute umana. Allo stesso modo è importante studiare ed analizzare i processi che influenzano nel loro complesso la qualità dell’aria delle città e delle regioni italiane ed europee.

L’obiettivo del presente documento è comprendere da cosa è composto ciò che viene definito genericamente “particolato atmosferico”,  di cui normalmente viene espresso il solo valore di concentrazione di massa per verificarne il rispetto dei limiti di legge (D.Lgs. 155/2010). Il tentativo è quello di capire meglio le dinamiche di formazione delle particelle, della loro diffusione e di identificarne l’origine in relazione alle diverse sorgenti emissive, il tutto a supporto della cittadinanza e delle politiche volte alla tutela della salute e dell’ambiente.

Materiale Particolato (PM, dall’inglese Particulate Matter) è un termine che comprende particelle solide e liquide che si trovano in atmosfera (EEA), la cui dimensione e composizione può variare ampiamente in funzione della loro origine, del tempo di permanenza in atmosfera o delle condizioni meteorologiche. L’acronimo “PM” è sempre accompagnata dall’indicazione delle dimensioni delle particelle a cui ci si riferisce: ad esempio con il termine “PM10” si fa riferimento alle particelle  raccolte con un sistema di selezione, stabilito dalla norma (UNI EN 12341/2001), con un diametro  aerodinamico medio fino a 10 µm; analogamente il “PM2.5” considera le particelle con un diametro aerodinamico fino a 2.5 µm raccolte secondo la norma UNI EN 14907/2005. Perciò il PM10 contiene al suo interno il PM2.5, cioè le particelle con diametro fino a 2.5 µm, più le particelle con diametro compreso tra 2.5 e 10 µm.  La legge attualmente in vigore prevede che venga monitorata solo la concentrazione in massa del PM10 (con un limite giornaliero di 50 µg/m3 da non superare per più di 35 volte in un anno e un valore limite medio annuo di 40 µg/m3) e del PM2.5 (con un valore medio annuo da non superare di 25 µg/m3), tuttavia gli studi dedicati all’analisi dell’aerosol atmosferico possono considerare anche frazioni diverse, come ad esempio il PM1 o il PM0.1.

Immagine da Arpae Emilia-Romagna – “La qualità dell’ambiente in Emilia-Romagna – Dati ambientali 2016”

Le particelle possono essere emesse direttamente tal quali in atmosfera, provenendo sia da sorgenti naturali (come l’erosione del vento, eruzioni vulcaniche, spray marino, ecc.), sia da sorgenti antropiche (ad es. combustioni legate al traffico, all’industria, ecc.). In tal caso il particolato viene denominato come “primario”.

Si definisce particolato “secondario” quello che, invece, si forma direttamente in atmosfera per condensazione o trasformazione in atmosfera di gas presenti in aria (precursori).

La composizione del particolato nel suo complesso dipende dalla quantità di specie primarie e secondarie, dalle sorgenti che hanno concorso a formarlo, dal tempo che ha trascorso in atmosfera e dalle condizioni meteorologiche (come l’umidità, la radiazione solare o la capacità di rimescolamento degli strati d’aria). Alcune sostanze sono presenti in quantità relativamente alta e concorrono in modo importante alla composizione della massa totale del PM (che possono essere raggruppate principalmente in una frazione carboniosa e una parte inorganica), altre sono presenti in tracce e spesso a concentrazioni troppo basse per poter essere quantificate o identificate, sono cioè inferiori al limite di rilevabilità.