Aria,  Ciclo del carbonio,  CO2,  Covid,  Enea,  Gas serra,  Inquinamento,  Ispra,  newsletter

Emissioni antropiche e concentrazione atmosferica di anidride carbonica nell’anno delle restrizioni imposte dal COVID-19

Ormai è passato un anno da quando, per fronteggiare l’emergenza sanitaria provocata dal COVID-19, il nostro stile di vita ha subito profondi cambiamenti che hanno coinvolto non solo la parte sanitaria, ma la quasi totalità degli aspetti quotidiani della nostra vita, dal tempo libero al lavoro.
Nella scorsa primavera, proprio quando sono state prese le decisioni restrittive che più hanno influenzato la nostra quotidianità, è nato il progetto PULVIRUS che coinvolge ENEA, ISS e SNPA con lo scopo di offrire a istituzioni e cittadini informazioni, risposte e indicazioni, sulla base di dati scientifici e competenze rispetto alle relazioni che legano inquinamento atmosferico e COVID-19.

Tra i diversi aspetti affrontati dal progetto c’è quello dei possibili effetti del “lockdown” sull’evoluzione dell’inquinamento atmosferico e sulla concentrazione dei gas ad effetto serra. 

Le prime indicazioni durante il periodo di maggiori limitazioni alle attività avevano suggerito una riduzione molto drastica delle emissioni di vari inquinanti ed in particolare di CO2 in Cina (Harvey, 2020). Sebbene ancora non fosse noto per quanto tempo queste limitazioni sarebbero durate, di fronte alla possibilità di una loro fortissima riduzione, si è pensato di valutare se ed in che misura la variazione delle emissioni antropiche di CO2 connesse al lockdown si potesse rispecchiare nella concentrazione atmosferica di questo gas.

Un recente studio di SNPA ha quantificato la diminuzione annuale delle emissioni di CO2 del 9.8% a scala nazionale rispetto al 2019 (https://www.snpambiente.it/2021/02/23/emissioni-gas-serra-nel-2020-stimata-riduzione-del-9-8-rispetto-al-2019/); altri studi suggeriscono che le riduzioni su scala nazionale non sono molto differenti rispetto a quelle avvenute su scala globale ed hanno interessato primariamente il settore dei trasporti (vedi ad es. Liu et al., 2020).

Riduzioni delle emissioni di questa entità sono molto vicine a quelle che gli scenari di evoluzione della concentrazione dei gas ad effetto serra prospettano per i prossimi anni, se si vuole contenere l’incremento di temperatura media globale al 2100 entro 1.5 (o 2°C).  Questo è infatti l’obiettivo posto dall’Accordo di Parigi, adottato alla ventunesima conferenza delle parti sul clima (COP21) nel dicembre 2015 (https://ec.europa.eu/clima/policies/international/negotiations/paris_it).

La domanda che ci si è posta è se la variazione delle emissioni associata al lockdown sia stata tale da poter produrre un effetto misurabile sulla concentrazione atmosferica di CO2 su scala regionale e/o globale.  Da questo punto di vista, il lockdown ha costituito un esperimento non programmato e altrimenti non realizzabile, per studiare alcuni effetti di una rapida e significativa riduzione delle emissioni di vari composti prodotti dalle attività umane, ed in particolare di CO2.

Osservare variazioni nella concentrazione atmosferica di fondo corrispondenti alla riduzione di emissioni associate al lock down è un obiettivo molto ambizioso.  Le emissioni antropiche globali annuali del 2019 sono state dell’ordine di 36 GtCO2 (1 Gt corrisponde a 1 miliardo di tonnellate).  Queste emissioni corrispondono ad un incremento di circa 5 ppm1 nella concentrazione atmosferica su base globale.  I flussi di CO2 tra atmosfera, oceano e vegetazione sono globalmente di circa 770 GtCO2/anno; è proprio grazie all’ampiezza di questi flussi che circa la metà della CO2 di origine antropica immessa in atmosfera viene assorbita da vegetazione e oceani, il che determina attualmente una crescita annua o tasso annuale medio osservata di circa 2.5 ppm.

La percentuale di CO2 che rimane in atmosfera presenta una forte variabilità interannuale, a causa della complessità dei processi e delle interazioni che ne determinano l’efficienza. Per un valore costante della percentuale di CO2 antropica che rimane in atmosfera, ci si aspetta che una variazione del 10% delle emissioni produca un incremento annuale di concentrazione di circa 2.25 ppm, circa 0.25 ppm in meno dell’anno precedente.  Tuttavia, data la variabilità interannuale della frazione di CO2 antropica assorbita, il tasso di crescita annuale è difficilmente prevedibile con precisione, e rivelare questa variazione di crescita è un obiettivo difficile da raggiungere, soprattutto in un sistema caratterizzato da interazioni complesse e da una forte variabilità. A titolo di esempio, l’Organizzazione Meteorologica Mondiale (OMM) stabilisce in 0.1 ppm il limite di comparabilità desiderato tra le misure di CO2.  Questo limite viene raggiunto solo grazie ad una attenzione estrema alle condizioni operative dei sistemi di misura, alle calibrazioni e scale di riferimento adottate. 

Queste semplici considerazioni mettono in evidenza quali siano le difficoltà che ci aspettano se vogliamo raggiungere gli obiettivi necessari per una stabilizzazione del clima.  E’ evidente che è necessario un impegno considerevole e continuato nel tempo per ottenere un effetto reale.

Allo scopo di verificare se sia possibile osservare un effetto del lock down sulle concentrazioni atmosferiche di CO2 a larga scala è necessario effettuare le misure in siti che non siano direttamente influenzanti da vicine sorgenti antropiche di gas serra. Per dare una risposta servono quindi da una parte stazioni di osservazione che si trovino lontano da sorgenti antropiche di CO2, le cui misure rappresentino quindi la concentrazione atmosferica di “fondo”, e dall’altra la capacità di misurare con accuratezza e precisione anche piccole variazioni di questa concentrazione atmosferica.

Normalmente queste stazioni si trovano in alta montagna o in luoghi particolarmente remoti. In Italia l’ENEA compie questo tipo di misure presso la Stazione di Osservazioni Climatiche di Lampedusa in maniera continuativa dall’inizio degli anni 90 (https://www.lampedusa.enea.it/). Grazie alla continua operatività della stazione anche durante il lock down le misure sono proseguite regolarmente, fornendo così un prezioso database per verificare se alla riduzione delle emissioni antropiche sia associata una variazione della concentrazione di fondo della CO2.

La Stazione di Lampedusa è riconosciuta come una stazione regionale del programma Global Atmosphere Watch dell’OMM, ed è un sito atmosferico dell’infrastruttura di ricerca Europea ICOS (Integrated Carbon Observation System; http://www.icos-cp.eu).

La serie delle misure di concentrazione oraria di CO2 atmosferica di Lampedusa per il periodo 2014-2021 è mostrata in figura 1 con la linea nera, assieme ad una curva di regressione, linea blu, che è calcolata dalla serie delle misure di CO2.

L’andamento della regressione è determinato da tre diversi fattori: – una crescita annuale di circa 2.6 ppm/anno, – un ciclo annuale con un ampiezza di circa 10 ppm ed un ciclo semi annuale di ampiezza di 3 ppm (ad es. Trisolino et al., 2021).

Il tasso di crescita di 2.6 ppm rappresenta l’incremento annuale medio della concentrazione atmosferica e, come descritto in precedenza, è dovuto fondamentalmente alle emissioni di origine antropica di combustibili fossili. Le variazioni annuale e semi annuale mostrano più direttamente l’importanza del complesso ciclo del carbonio che coinvolge processi biogeochimici che riguardano l’ecosistema marino, terrestre e l’atmosfera. Per semplicità si pensi al ciclo vegetativo annuale legato ai processi di fotosintesi, che è il principale responsabile del ciclo annuale mostrato in figura 1, che può variare di anno in anno in funzione di vari fattori, tra i quali la temperatura e la precipitazione giocano un ruolo rilevante.

Figura 1) Serie temporale della concentrazione di CO2 atmosferica misurata presso l’Osservatorio di Lampedusa da inizio 2014 a febbraio 2021. In nero le medie orarie, in blu la curva di regressione che tiene conto di una crescita progressiva, un ciclo annuale e di un ciclo semi-annuale.

Non può passare inosservata l’elevata variabilità della media oraria (linea nera) rispetto alla regressione; per meglio apprezzare questa variabilità, peraltro particolarmente molto ridotta  in un sito di fondo come Lampedusa, si mostrano le misure di CO2 dal Febbraio al Maggio 2020 (figura 2).

Figura 2) Evoluzione della concentrazione di CO2 a Lampedusa nei primi mesi del 2020.

La variazione della concentrazione di CO2 è legata alla diversa origine dell’aria su cui si compie la misura: infatti la “storia” della massa d’aria che giunge a Lampedusa è determinante per capire i valori di concentrazione di CO2. Masse d’aria provenienti da regioni più industrializzate presenteranno valori più elevati di CO2, essendo direttamente affette da emissioni di combustibili fossili, rispetto a masse d’aria che provengono da zone meno industrializzate; nel contempo una massa d’aria che prima di arrivare a Lampedusa sia stata in contatto con una regione intensamente vegetata presenterà in estate un tenore di CO2 più basso rispetto a masse d’aria di origine diversa. Questo effetto può ridursi significativamente in inverno; a complicare ulteriormente l’interpretazione del dato va considerato anche che regioni con molta vegetazione possono essere vicine a zone a forte emissione antropica (per Lampedusa si veda ad esempio Artuso et al., 2009).  La distribuzione globale di CO2 presenta poi gradienti latitudinali e dipendenze dalla quota, per cui l’interpretazione dei dati si presenta sempre complessa, dovendo tener conto di numerosi fattori. 

Il trasporto atmosferico, inoltre, induce una variabilità ulteriore attraverso una diluizione variabile delle emissioni, il mescolamento con masse d’aria con caratteristiche differenti, ed altre possibili interazioni lungo il percorso, per cui sono necessari modelli e sistemi estremamente complessi per arrivare ad una interpretazione quantitativa dei dati osservati.  A livello europeo hanno iniziato ad essere utilizzati regolarmente (ad es. Peters et al., 2010) i così detti modelli inversi, che permettono di quantificare le emissioni su macro-regioni, che cominciano ad essere riconosciuti come metodi ufficiali per la verifica degli inventari delle emissioni (vedi ad es. Bergamaschi et al., 2018). 

Di diversa complessità è una analisi il cui scopo sia quello di verificare se vi sia stata una diminuzione media osservabile rispetto ad altri anni. Come si è detto la concentrazione dipende non solo dalle emissioni antropiche, ma dai cicli biogeochimici del carbonio che dipendono da un insieme di variabili ed agiscono su differenti scale, da quella locale a quella planetaria.

La Figura 3 mostra la differenza ottenuta tra la media delle misure mensili e la media mensile della regressione per i diversi anni.

Figura 3) Medie mensili delle differenze tra misure e curva di regressione mostrate in figura 1. In azzurro le differenze medie per il periodo 2014-2020 con una deviazione standard, in rosso le differenze medie per il 2018, in verde per il 2019 ed in nero per il 2020.

Come si vede le differenze del 2020 sono entro la variabilità delle differenze degli anni precedenti, e da questa semplice analisi si può concludere che non sia possibile ottenere facilmente evidenza della riduzione dovuta al lockdown da osservazioni di stazioni di fondo come quella di Lampedusa.

Lo stesso non si può dire per le misure compiute in prossimità di sorgenti antropiche di CO2 direttamente influenzate dalle emissioni, come dimostrato ad esempio da misure fatte in diversi siti urbani nel contesto della rete ICOS (Papale et al., 2020).

A questo punto ci si potrebbe chiedere come si pensa di fronteggiare il riscaldamento globale se anche la riduzione di emissioni di quest’anno non ha prodotto segnali evidenti sulla concentrazione atmosferica di CO2.

La questione è stata ben presentata in diversi studi, tra cui quello di Le Quéré et al. (2020). Nel loro lavoro gli autori stimano che la diminuzione delle emissioni di CO2 a livello globale nei momenti di maggiore riduzione delle attività sia stata del 17%. Questo valore può sembrare elevato, ma le emissioni corrispondenti sono pari a quelle del 2006.

La diminuzione su scala annuale è molto minore del 17%, ed è stimata essere tra il 4.2 ed il 7.5%; ma un tasso di diminuzione del 7.5% è proprio quello che si stima andrebbe mantenuto per i prossimi decenni per limitare il riscaldamento globale ad una valore medio di 1.5 °C rispetto alla temperatura nell’era pre-industriale, obbiettivo di grande importanza in particolare per l’Italia e tutta la zona mediterranea che i modelli climatici indicano essere una delle zone al mondo a soffrire maggiori conseguenze in caso di riscaldamenti superiori.

Come puntualizzato dalle stesse Nazioni Unite (https://sdgs.un.org/goals/goal13) anche attraverso l’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC, 2018), l’obiettivo di un riscaldamento globale limitato a 1.5 °C rispetto ai livelli pre-industriali è ottenibile solo attraverso azioni che portino a raggiungere attorno al 2050 un valore netto zero delle emissioni globali di CO2 equivalente, la cosiddetta neutralità climatica; questo risultato implica anche significative riduzioni delle emissioni di altri gas climalteranti, specialmente idi metano.

L’obiettivo della neutralità climatica è raggiungibile mediante riduzioni continuative delle emissioni di gas climalteranti che inevitabilmente devono coinvolgere tutti i principali settori economici, tra cui l’energia, i trasporti, l’industria e l’agricoltura,  e probabilmente sarà realmente raggiungibile solo grazie alla presa di coscienza collettiva della fondamentale importanza di contenere il riscaldamento globale entro 1.5 °C. Gli investimenti legati al rilancio dell’economia mondiale possono rappresentare un volano per raggiungere l’obbiettivo della neutralità climatica; questo obiettivo va perseguito fin d’ora con la massima determinazione.

Note

1 La concentrazione atmosferica (o, meglio, il rapporto di mescolamento) è espressa in parti per milione (ppm), una unità di misura che indica quante molecole di una data sostanza (CO2) sono presenti in un milione di molecole d’aria.

Alla stesura della newsletter hanno contribuito tutti i ricercatori ENEA che hanno partecipato all’attività 4.1

dell’Obiettivo 4.

Per maggiori informazioni contattare:

Giandomenico Pace: giandomenico.pace@enea.it

Bibliografia

Artuso F., P. Chamard, S. Piacentino, D.M. Sferlazzo, L. De Silvestri, A. di Sarra, D. Meloni, F. Monteleone, Influence of transport and trends in atmospheric CO2 at Lampedusa, Atmos. Environ., 43, 3044-3051, 2009. doi:10.1016/j.atmosenv.2009.03.027.

Bergamaschi, P., A. Danila, R. F. Weiss, P. Ciais, R. L. Thompson, D. Brunner, I. Levin, Y. Meijer, F. Chevallier, G. Janssens-Maenhout, H. Bovensmann, D. Crisp, S. Basu, E. Dlugokencky, R. Engelen, C. Gerbig, D. Günther, S. Hammer, S. Henne, S. Houweling, U. Karstens, E. Kort, M. Maione, A. J. Manning, J. Miller, S. Montzka, S. Pandey, W. Peters, P. Peylin, B. Pinty, M. Ramonet, S. Reimann, T. Röckmann, M. Schmidt, M. Strogies, J. Sussams, O. Tarasova, J. van Aardenne, A. T. Vermeulen, F. Vogel, Atmospheric monitoring and inverse modelling for verification of greenhouse gas inventories, EUR 29276 EN, Publications Office of the European Union, Luxembourg, 2018, ISBN 978-92-79-88938-7, doi:10.2760/759928, JRC111789.

Harvey, C, How the Coronavirus pandemic is affecting CO2 emissions, Scientific American, E&E News, 12 March 2020.

IPCC, Global Warming of 1.5°C. An IPCC Special Report on the impacts of global warming of 1.5°C above pre-industrial levels and related global greenhouse gas emission pathways, in the context of strengthening the global response to the threat of climate change, sustainable development, and efforts to eradicate poverty, Masson-Delmotte, V., P. Zhai, H.-O. Pörtner, D. Roberts, J. Skea, P.R. Shukla, A. Pirani, W. Moufouma-Okia, C. Péan, R. Pidcock, S. Connors, J.B.R. Matthews, Y. Chen, X. Zhou, M.I. Gomis, E. Lonnoy, T. Maycock, M. Tignor, and T. Waterfield (eds.). 2018.

Le Quéré, C., et al, Temporary reduction in daily global CO2 emissions during the COVID-19 forced confinement, Nat. Clim. Chang. 10, 647–653, 2020. https://doi.org/10.1038/s41558-020-0797-x.

Liu, Z., et al., Near-real-time monitoring of global CO2 emissions reveals the effects of the COVID-19 pandemic, Nat. Commun., 11(1), 5172, 2020. doi: 10.1038/s41467-020-18922-7

Papale, D., et al., ICOS|Integrated Carbon Observation System | info@icos-ri.eu| www.icos-ri.eu1/6Clear evidence of reduction in urban CO2 emissions as a result of COVID-19 lockdown across Europe, https://www.icos-cp.eu/event/933, 2020.

Peters, W., et al., Seven years of recent European net terrestrial car-bon dioxide exchange constrained by atmospheric observations, Global Change Biol., 16, 1317–1337, 2010. doi:10.1111/j.1365-2486.2009.02078.x.

Trisolino, P., A. di Sarra, D. Sferlazzo, S. Piacentino, F. Monteleone, T. Di Iorio, F. Apadula, D. Heltai, A. Lanza, A. Vocino, et al., Application of a common methodology to select in situ CO2 observations representative of the atmospheric background to an Italian collaborative network, Atmosphere, 2021, 12, 246, 2021. https://doi.org/10.3390/atmos12020246.

A cura di:

Giandomenico Pace – giandomenico.pace@enea.it

Altri autori: Alcide di Sarra, Daniela Meloni